Pubblicità

Un comandante se la sua nave affonda, non può scaricare la colpa ad altri. Passaggio di quote ancora non veritiero, mancano passaggi fondamentali

Senza mandarle a dire e scaricando tutte le responsabilità a chiunque tranne all’unica persona colpevole di questo scempio, cioè sè stesso, Massimo Giove cala il sipario e si defila definitivamente, una volta per tutte, dalla proprietà del Taranto FC 1927, lasciando tutto nelle mani di un’altro responsabile della clamorosa débâcle rossoblu di questa nefasta stagione calcistica, l’ormai ex Direttore Generale, Rinaldo Zerbo, pronto a diventare il nuovo presidente del sodalizio ionico.

Le dichiarazioni di Giove sono forti, per la quasi totalità cariche di accuse a chi, secondo lui, ha decretato questa situazione di estrema instabilità nello sport in tutto il territorio tarantino, senza mai assumersi le colpe dei ben 23 punti di penalizzazione inflitti al Taranto nell’ultimo anno solare. Penalizzazioni che, se non sia ancora chiaro, sono tutte responsabilità dell’ex proprietario dal Taranto e non di altre persone. Inutile girarci intorno, le dimissioni di Giove da presidente del Taranto non lo hanno mai esonerato dal dover comunque rispettare gli obblighi e gli impegni a lui in capo in quanto proprietario del club, cosa ben diversa dal ruolo di mera presidenza, il che Massimo Giove in quanto imprenditore dovrebbe ben saperlo. Per giunta, al 2 di Agosto, dopo aver costruito, come giustamente diceva nella sua lunga intervista ai microfoni di Teleregione, una corazzata per vincere il campionato, il sig. Campbell non era ancora nei radar pubblicamente e Massimo Giove avrebbe ancora potuto evitare di aggravare ancor di più la sua immagine nei confronti della piazza rossoblu.

L’incendio causato dalla megalomania di gentaglia come quella presente nel settore ospiti durante Taranto-Foggia dello scorso campionato e dall’evidente inadeguatezza di alcune figure politiche presenti a Palazzo di Città, hanno sì causato un danno al Taranto, ma davvero così grave da non pagare quel che c’era da pagare ai propri tesserati inventando la scusa dell’errore telematico? Non dimentichiamoci, e questo Massimo Giove lo sa fin troppo bene, che nel Girone C è presente l’emblema della difficoltà nel dover giocare lontani dalle propria mura amiche, senza pubblico e senza incassi, vale a dire il Sorrento che ad oggi è tranquillamente salvo ed in piena lotta per i playoff, nonostante da un anno e mezzo disputi le sue gare interne a Potenza, distante tra andata e ritorno 300km.

Tra le tante cose, comunque, Giove alcune affermazioni realistiche e veritiere le ha fatte. Il format dell’attuale Serie C non sta in piedi, perché le spese sono troppe e gli incassi sono ridotti all’osso. Per altro, una città come Taranto non solo è poco attrattiva a livello imprenditoriale, ma si permette anche il lusso di ripudiare e contestare investimenti pubblici che in altre città, vedasi Lecce, non vedono l’ora di mettere in pratica (non è un caso se il Ministro Fitto avrebbe voluto con le unghie e con i denti portarsi quelli che sono stati definiti “I Giochi della distruzione” a casa sua).

Aver salvato la categoria, FORSE, è la mazzata finale che Taranto non si meritava. Seppur in linea con quelle che sono le masse debitorie di molti club che militano tra i professionisti, la situazione del Taranto si aggrava clamorosamente se pensiamo che il prossimo campionato di Serie D sarà un terno al lotto come quello di questa stagione in corso: partire come il Brindisi, con 14 punti di penalizzazione e rischiare non solo di perdere una stagione ma ben due o chissà quante altre non riuscendosi a salvare e retrocedendo in Eccellenza, che prezzo ha per la città di Taranto e per i suoi tifosi? Vale davvero la spesa per l’impresa, sempre che lo sia?

Quest’ultima domanda la rivolgiamo a quello che, dovrebbe, ed usiamo il condizionale perché mancano alcuni passaggi fondamentali per la consegna del testimone (es. la famosa PEC ai soci di minoranza), il nuovo proprietario e presidente del Taranto. Sig. Rinaldo Zerbo, ne vale realmente la pena? 

Ragionando dal punto tanto da un punto di vista economico, quanto sportivo, la nostra risposta ed affermazione è che sarebbe necessario fermarsi e ripartire da zero, da qualsiasi categoria purché liberi di debiti, con un progetto serio, con una programmazione ben fatta, senza la solita gente che orbita intorno al mondo Taranto da anni facendo solo guai all’intera comunità per ottenere i propri interessi personali, ma soprattutto con uno stadio all’avanguardia, che tutti oggi vedono come il male, ma che una volta realizzato dovrà essere assolutamente il punto cardine con cui il Comune, proprietario della struttura, avrà l’obbligo di impegnarsi a far sì che diventi il trampolino di lancio per il calcio cittadino, impegnandosi, magari, a trovare realmente gente interessata ad investire non solo sullo sport, ma sull’intero territorio. Taranto non deve essere solo inquinamento e distruzione, ma soprattutto cultura, turismo e inclusione.

Un giorno comunque, il Taranto risorgerà, come ha sempre fatto, e continuerà a navigare nella sua dimensione, tra la D e la C, chissà magari con un po’ di fortuna a ritrovare la B. L’importante è che chiunque non abbia reale interesse per la squadra e per la città resti sempre lontano dalla cosa più cara di tanta gente, il Taranto Calcio.